• 12 FEB 15
    L’insegnamento del monopattino

    L’insegnamento del monopattino

    Due bambini, una giovane madre e tre monopattini. Questo ludico terzetto mi è balzato agli occhi alcuni giorni fa mentre stavo guidando la mia automobile per le vie di Milano. Erano all’incirca le otto e un quarto del mattino quando la mia attenzione è stata catturata da questa affascinate scena di vita: una mamma sorridente inseguiva i suoi figli conducendo energicamente un monopattino. Ovviamente i bambini, nonostante indossassero lo zaino di scuola, si destreggiavano abilmente e costringevano la giovane donna a faticare per tenere il passo. Attorno a loro il traffico milanese creava una cornice di rumori e frenesia, ma l’energia vitale che sprizzava dai volti dei tre intrepidi pattinatori sembrava isolarli da tutto il resto. A questo punto vi starete probabilmente chiedendo dove voglio arrivare. Tuttavia, prima di giungere al dunque, devo fare un’inevitabile premessa che ci porta all’interno dei processi di pensiero del genere umano: le facoltà cognitive.

    L’essere pensante, per dirla in poche parole, si differenzia dalle altre specie animali in virtù del fatto che è in grado di operare delle elaborazioni complesse conseguenti agli stimoli ambientali. Non reagisce esclusivamente per istinto, opera le sue scelte in seguito a un accurato lavoro mentale di selezione e discriminazione degli stimoli, che prende il nome di elaborazione cognitiva. I nostri gusti, le nostre abitudini, i nostri giudizi derivano da questo sorprendente processo di selezione e di valutazione di ciò che l’ambiente in cui viviamo ci propone. Persino la nostra soggettività dipende da questo “filtro” mentale che gli psicologi chiamano valutazione cognitiva. In sostanza, è il modo in cui valutiamo il mondo a renderci unici. D’innanzi a un paesaggio, a un quadro o a una scena di vita, non ci comportiamo tutti allo stesso modo. Ognuno di noi reagisce in base a come valuta ciò che vede. Le emozioni generate da un film, per esempio, sono diverse da individuo a individuo e sono determinate dalla valutazione cognitiva di quanto osservato. Vengo al dunque. Noi non valutiamo solo l’ambiente circostante, valutiamo anche noi stessi. Le nostre azioni e anche i nostri pensieri sono costantemente sotto osservazione, sono continuamente sotto la lente del giudizio personale. Un giudizio, a volte positivo altre negativo, che ci influenza più o meno profondamente e che determina le nostre scelte. Si può dunque affermare che ciò che definisce il nostro modo di essere è determinato dal modo in cui valutiamo noi stessi e l’ambiente in cui viviamo.

    E il monopattino? Il monopattino, o meglio la giovane madre pattinatrice di cui vi ho parlato, ci porta, a parer mio, un grande insegnamento. Nella società in cui viviamo, sono presenti una serie di codici formali di comportamento, più o meno espliciti, che inevitabilmente influenzano il nostro modo di comportarci e i giudizi relativi a ciò che riteniamo “adeguato” o “non adeguato”. Provate a pensare a quante volte vi sarà capitato di dire: “Guarda quel tizio com’è conciato”. Oppure di pensare: “Quella è folle”. Che questo avvenga è assolutamente normale. Come vi dicevo, le opinioni nei confronti di ciò che ci circonda fanno parte di noi, della costante valutazione mentale degli eventi. Tuttavia, quello che spesso ci sfugge, è che possiamo modificare il nostro modo di vedere il mondo. Come? Attraverso la modificazione del filtro con cui osserviamo la realtà: la valutazione cognitiva. La mamma sul monopattino è un esempio lampante di come si possa operare un cambiamento di valutazione di se stessi. Anche lei, infatti, come ognuno di noi è avvolta nella rete dei codici formali di comportamento. Anche lei è soggetta al conflitto interiore che spesso avvertiamo quando vorremmo fare qualcosa, ma immediatamente la giudichiamo “inadeguata” e optiamo per qualcos’altro che riteniamo più consono al “codice”. È una cosa che conosciamo molto bene. Eppure molti di noi, d’innanzi all’immagine della madre pattinatrice, divengono miopi. Oscurano tale consapevolezza e danno un giudizio superficiale: “Quella donna sul monopattino è una madre immatura, dovrebbe insegnare l’educazione ai suoi figli”. Pochi di noi fanno uno sforzo in più. Rari sono coloro che cercano di modificare la propria valutazione cognitiva degli eventi a favore di una rappresentazione della realtà meno soggettiva e, soprattutto, maggiormente funzionale alla socialità. Se provate a pensarci, vi renderete facilmente conto di quanto siamo quotidianamente soggetti ad attribuzioni di giudizio affrettate, che spesso ci restituiscono una visione del mondo negativa o quantomeno soggettivamente distorta a favore di ciò che noi riteniamo corretto e a sfavore del comportamento altrui. E questo pensate che ci aiuti a vivere meglio? Affatto! Quest’atteggiamento mentale, spesso automatico e poco consapevole, ci aiuta solamente a creare una distanza dall’altro. Agevola l’istituzione di barriere sempre più spesse verso la differenza, che ci isolano a difesa della nostra soggettività e ci impediscono di cogliere la ricchezza nella modalità d’espressione dell’altro. Devo ammettere che quest’atteggiamento, rispetto a qualche anno fa, è meno radicato. Oggi il desiderio di socialità e di libertà d’espressione sta spodestando la ristrettezza mentale e la diffusione di rigidi e acritici pregiudizi, tuttavia, se vi guardate bene attorno, potete costatare, nello sguardo giudicante e nelle espressioni di disgusto palesati quotidianamente in ogni contesto d’interazione sociale, come il nostro modo di valutare l’altrui espressione sia ben lungi dall’essere evoluto. C’è ancora molto “io” e poca apertura al “noi”. Ma se osserviamo più attentamente, qualche pioniere c’è. Un individuo giocoso che, partendo da se stesso, ha sconfitto il giudizio stereotipato a favore di un’espressività libera e socievole, un modo di comportarsi che non nuoce a nessuno ma reca gioia a sé e a chi lo osserva, sta lanciando il suo monopattino per le vie di Milano. Una donna coraggiosa, che ha deciso di cambiare la valutazione cognitiva di se stessa e di regalarci un prezioso insegnamento: se infrangiamo le nostre barriere difensive e mettiamo in discussione il nostro modo di vedere noi stessi e l’ambiente in cui viviamo, ci possiamo stupire di quanta luce ci sia dietro i muri del giudizio negativo. La giovane madre sul monopattino è uscita da casa per portare i figli a scuola, come molti di noi, ma è riuscita a fare qualcosa in più: l’ha fatto divertendosi! E dal suo monopattino ci ha lanciato un messaggio meraviglioso: “oggi mi diverto portando i miei figli a scuola”.

    Ma sapete qual è la cosa veramente interessante? La madre pattinatrice, essere evoluto e luminoso, non è sola. Ce ne sono molti altri …

     

    Paolo Caselli – lo psicologo non convenzionale

    Immagine: Krzysztof Musiał, Frammenti con monopattino…

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